Arte Povera - Mimmo Santacroce

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ARTE POVERA
L’arte povera nasce dal declino della pittura astratta in Italia e dal crescente interesse per le vecchie avanguardie del fare arte.
In particolare, il suo spirito è riconducibile a tre artisti:
  • Alberto Burri, la cui pittura a sacchi di tela di iuta, fornisce un esempio dell’uso di materiali poveri
  • Piero Manzoni, la cui opera prefigura le qualità dell’arte concettuale, e che reagisce contro l’astratto, Art Informel pittura
  • Lucio Fontana, la cui pittura monocromatica fornisce un esempio della potenza dell’arte che si riduce a pochi elementi e si concentra nel suo impatto.
Il termine Arte Povera è stato usato per la prima volta dal critico d’arte Germano Celant nel 1967 per descrivere il lavoro di un gruppo di artisti italiani. Nello stesso anno organizza la prima rassegna della tendenza, “Arte Povera e IM Spazio”, che viene allestita alla Galleria La Bertesca di Genova e che comprende le opere di Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Pino Pascali ed Emilio Prini.
Tutto il lavoro ha fatto uso di materiali di uso quotidiano o “povero”. Ad esempio, Boetti’s Pile (1966-67) consisteva in una pila di blocchi di amianto; Fabro innalzava un compito quotidiano a livello artistico in Floor Tautology (1967), in cui un pavimento piastrellato veniva tenuto lucidato e ricoperto di giornali per mantenerne la pulizia; e nei Cubic Meters of Earth (1967), Pascali formava cumuli di terra in forme solide, utilizzando un materiale naturale ma “sporco” e costringendolo a linee pulite e innaturali in una critica al Minimalismo.
Nel complesso, l’organizzatore della mostra ha scelto di concentrarsi sull’intrusione del banale nel regno dell’arte, costringendoci a guardare in una nuova luce le cose irrilevanti del passato.
Copyright 2021 © Giovanni Santacroce. Tutti i diritti riservati. Ultimo aggiornamento febbraio 2024.
"...l'Arte, impressione che fa espressione."
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